Prânâyâma la Respirazione nello Yoga

Prânâyâma la RESPIRAZIONE nello Yoga.

pranayama

Il respiro ci accompagna in tutta la durata della nostra vita. Il respiro è strettamente collegato a tutte le funzioni vitali e influenza i sistemi del nostro organismo.

Ogni momento della nostra vita è accompagnato dal respiro: il suo ritmo cambia con l’alternarsi dei nostri pensieri e delle nostre emozioni.

Il respiro, quindi, mostra il nostro stato d’animo: se siamo coinvolti da forti emozioni noteremo che sarà veloce e affannato, mentre se siamo tranquilli scorrerà lento e silenzioso.

E’ anche si vero che la respirazione è l’unica funzione che, pur essendo involontarie e quindi “non cosciente” per la maggior parte del tempo, può essere posta sotto il controllo della volontà, vale a dire della mente.

Se la mente e le emozioni influenzano il respiro, allo stesso modo, lavorando sul respiro e modificandolo, possiamo influenzare lo stato mentale ed emotivo.

Attraverso le pratiche respiratorie (prānāyāma) possiamo diventare consapevoli del nostro respiro, del nostro esistere.

La respirazione yogica porta più ossigeno al cuore e nutre l’intero sistema.

Il respiro aiuta anche a ridurre i livelli di tossine nel corpo eliminando gli stress ed è conosciuto per la sua capacità di aumentare l’energia vitale sottile (Prāna).

L’elemento che nello yoga collega la sfera fisica, emozionale e mentale è il Prāna (pr: ciò che precede + anu: cellula, atomo, quindi ciò che esiste prima dell’atomo, l’energia vitale).

Possiamo definire il Prāna come energia che permea tutto l’universo. Primo motore di tutte le attività: soffio vitale che accomuna tutti gli esseri viventi.

pranayama

Col Prānāyāma si espande l’energia vitale attraverso il controllo cosciente dell’intero meccanismo del respiro e della distribuzione del prana nei sistemi fisico, emotivo e mentale.

Se gli asana lavorano per sciogliere il corpo, una corretta respirazione

  • consente un ampio e corretto movimento del diaframma,
  • da tono agli organi interni,
  • favorisce la peristalsi intestinale e la digestione,
  • aiuta il lavoro dei reni e del fegato,
  • neutralizza la produzione di acido lattico, che è causa di stanchezza,
  • migliora la circolazione del sangue negli organi interni,
  • aumenta la pressione intrapolmonare, migliorando la capacità vitale dei polmoni.

Una respirazione insufficiente o parziale provoca cambiamenti nel corpo: sottili alterazioni e crea problemi alla nostra salute.

L’ansia e la rabbia rendono molto superficiale la respirazione con pesanti ripercussioni sul corpo, dovuta da un’insufficienza respirazione polmonare.

La RESPIRAZIONE avviene in 3 tempi:

  1. L’inspiro (pūraka) è l’assorbimento dell’energia dall’esterno all’interno. Rappresenta l’attività, l’azione, la capacità di chiedere, con l’inspiro inizia la nostra vita.
  1. L’espiro (rechaka) è l’efflusso dell’energia individuale dall’interno all’esterno. E’ la capacità di donare, l’abbandono, il ritorno. Con l’espiro terminiamo la nostra vita individuale.
  1. Il trattenimento (Kumbhaka).

Mentre l’inspiro e l’espiro ci sono consueti, nelle discipline occidentali non viene considerato il trattenimento che invece ha un’importanza grandissima nello yoga.

Kumbhaka significa “vaso” che può essere pieno o vuoto. Il termine indica una sospensione del respiro che può essere:

  • A polmoni pieni (antara-kumbaka) il trattenimento interno, il vaso pieno;
  • A polmoni vuoti (bāhya-kumbaka) il trattenimento esterno, il vaso vuoto.

Ponendo l’accento sulla ritenzione del respiro, con svariate tecniche tese a prolungare al massimo lo stato del non respiro, lo Yoga manifesta il suo intento a travalicare le naturali regole fisiologiche.

Nello yoga il trattenimento del respiro è finalizzato al controllo della mente.respiro

Quello che possiamo fare è equilibrare il nostro respiro e rendere armonioso e completo tutto l’atto respiratorio diventandone semplicemente consapevoli.

Respirazione yogica completa

Per arrivare a percepire la respirazione completa occorre prima di tutto imparare a sentire le tre diverse fasi del respiro.

Lo si può fare distendendoci a terra, con il corpo abbandonato nella posizione supina.

  1. RESPIRAZIONE ADDOMINALE: Porta le mani sull’addome, all’altezza dell’ombelico. Senza forzare il movimento naturale senti ad ogni inspiro l’addome che sale dolcemente e si abbassa ad ogni espiro. La respirazione addominale è una respirazione profonda che massaggia i visceri e induce al rilassamento. E’ la respirazione tipica dei neonati e delle persone anziane. Apporta l’ossigeno nella pare bassa dei polmoni.
  2. RESPIRAZIONE TORACICA: Spostare le mani sulle costole, con i pollici rivolti verso terra senza forzare il movimento spontaneo della gabbia toracica. Si può percepire attraverso le mani il movimento dell’apertura delle costole ad ogni inspiro e la loro leggera chiusura ad ogni aspiro.La respirazione toracica esprime forza e vitalità. Apporta ossigeno alla parte mediana dei polmoni.
  3. RESPIRAZIONE CLAVICOLARE: Portare le mani sulle clavicole, sentiamo il movimento leggero delle clavicole che si sollevano ad ogni inspiro e si abbassano ad ogni espiro. E’ un movimento lieve, appena percettibile. E’ la respirazione più superficiale. Apporta ossigeno solo all’apice dei polmoni.E’ la respirazione tipica delle persone ansiose, tese e paurose. Nonostante ciò è una respirazione che è importante usare in alcuni momenti particolari come per esempio durante il travaglio ed il parto.

La respirazione yogica completa consiste nell’unione armoniosa di queste tre fasi.

Avviene sempre dalle narici , è’ silenziosa, non vi è un modo giusto o sbagliato di respirare. Ci sono respirazioni più o meno profonde, una respirazione trascurata o consapevole.

Far partire il respiro dall’addome è fondamentale per il fatto che la propulsione, il motore dell’atto respiratorio, è sempre il diaframma. Il quale contraendosi provoca l’inspirazione e rilassandosi consente l’espirazione.

La respirazione avviene attraverso i polmoni che, al contrario di quanto molti credono, sono passivi. Il loro movimento durante la respirazione avviene a seguito della contrazione dei muscoli del torace, quelli dell’addome e del diaframma. Il diaframma è il muscolo posto fra torace e addome che si abbassa durante l’inspirazione e si alza durante l’espirazione. Nella respirazione di poca estensione si usano i muscoli intercostali mentre per quella profonda i muscoli del torace per l’inspirazione e quelli addominali per l’espirazione.

Senza esserne consapevoli assumiamo posture scorrette e sviluppiamo cattive abitudini come contrazioni che interessano soprattutto i muscoli del busto e contrazione delle spalle. Le conseguenze sono che i muscoli addominali perdono tono e la colonna vertebrale perde gran parte della sua mobilità. Questi atteggiamenti sbagliati diminuiscono le capacità polmonari rendendo il fiato corto e scorretto.

respirazioneLa correzione del respiro si ottiene con esercizi che riportano ad utilizzare tutte le parti dei polmoni.

La capacità polmonare è di 5 litri, e i nuotatori, i corridori e i sub sono in grado di utilizzarla pienamente, ma la gente comune invece ne utilizza solo 1 litro.

Non sfruttando completamente i polmoni non godiamo di tutti i benefici che potremmo ottenere da una respirazione corretta.

Prānāyāma

Il Controllo del respiro nello Yoga è una disciplina chiamata Prānāyāma.

Prānāyāma è il quarto degli otto stadi nel percorso dello yoga, come descritto da Patanjali negli Yoga Sutra.

Il termine sanscrito Prānāyāma è composto da due parole: prana e ayama.

  • Prana significa “energia, forza vitale” (da pra- “davanti, verso, precedente” e -na “respirare” o “dare energia”)
  • ayama significa “estensione” o “espansione”,

quindi Prānāyāma può essere tradotto letteralmente come “ l’espansione della forza vitale” o “l’estensione del respiro”.

Patanjali descrive il Prānāyāma come l’insieme di tecniche di regolazione di inspirazione, espirazione e ritenzione, attraverso le quali la forza vitale è attivata e regolata.

La disciplina del Prānāyāma comprende diverse tecniche di controllo volontario e di arresto del respiro, il cui scopo è di allenare gradualmente il praticante ad arresti del respiro sempre più agevoli e prolungati, preparandolo all’esperienza del kevala-kumbhaka, cioè la sospensione spontanea del movimento respiratorio, scopo finale del prānāyāma.

La sospensione spontanea del movimento respiratorio è molto rara: il compito del praticante di yoga è creare le condizioni affinché le esperienze possano avvenire.

La vera pratica dello Yoga è basata sulla gradualità e sull’assenza di sforzo, tendono presente che anche dalle tecniche semplici si ottengono grandi benefici e che modificando il respiro modifichiamo la nostra personalità e i nostri stati di coscienza, fino ad avvicinarci agli stati meditativi.pranayama-respiro

Cosa può dirsi prānāyāma

Nello Yoga esistono diverse maniere per regolare l’inspiro e l’espiro che combinate con la profondità e il ritmo del respiro danno origine al prānāyāma vero e proprio.

La pratica del pranayama è tenuta in così alta considerazione che nei testi classici si definiscono una serie di indicazioni. Raccomandazioni prima di cimentarvisi:

  • dal luogo in cui praticare,
  • al periodo dell’anno migliore per iniziare,
  • dalla dieta,
  • ai lavaggi purificatori.

Nei testi troviamo descritti alcuni pranayama: otto nella Hathayoga-pradīpikā e altrettanti, ma con due variazioni, nella Gherarda-samihitā. Nel tempo si sono aggiunte altre tecniche.

Come per gli asana, la varietà permette di sperimentare la gestione del respiro in vari modi e beneficiare degli effetti distinti e specifici di ogni sistema.

Alcuni prānāyāma

Ujjāyī- prānāyāma

Si può considerare il pranayama fondamentale.

In esso si controlla il passaggio dell’aria all’interno della gola. Come se essa fosse un tubo in cui, a un certo punto, si trova una piccola strozzatura. Per realizzarla dobbiamo quindi contrarre la glottide restringendo il passaggio dell’aria e producendo un suono causato dallo strofinamento dell’aria stessa. Restringendo il passaggio dobbiamo impiegare più tempo per inspirare ed espirare la stessa quantità d’aria, e questo aiuta molto ad allungare dolcemente il respiro.

pranayama-cuore

Samavritti – prānāyāma

Il così detto pranayama quadrato. Si compone di quattro fasi della stessa durata: inspiro, ritenzione a polmoni pieni, espiro e ritenzione a polmoni vuoti

Visamavritti – prānāmanāy

Si compone delle sole prime tre fasi, con l’espiro doppio dell’inspiro e ritenzione a polmoni pieni di durata variabile.

Anuloma-viloma – prānāmanāy

Conosciuta anche come nadī-shodhana in cui si respira a narici alterne, aiutandosi con le dita della mano destra aprire e chiudere le narici. Si usa il pollice per la narice destra e il mignolo con l’anulare per la narice sinistra, mentre l’indice ed il medio sono ripiegati verso il palmo della mano.

Attenua tutti i disturbi di origine psicosomatica, aiuta moltissimo il lavoro intellettuale prepara alle pratiche di concentrazione; può essere praticato anche più volte al giorno, fuori dalla seduta di yoga, nei ritagli di tempo, purché lontano dai pasti.

Consigliamo la lettura del libro di Alberto Stipo “ Il Respiro, spontaneità e controllo” edizioni Magnanelli.

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