Meditare è una pratica antica e radicata nelle tradizioni e nelle culture che è impossibile stabilire una data esatta per la nascita della meditazione.
Al contrario di quello che si è soliti pensare la prima tecnica di meditazione non fu elaborata all’interno del buddismo: 2500 anni fa.
La pratica era già diffusa quando visse il Buddha (500 a.C.), che probabilmente sperimentò diverse tecniche prima di elaborare la propria, fondendo elementi di diverse tradizioni.
I testi sacri dei Veda
L’origine più antica della meditazione risale a circa 4000 anni fa e viene attribuita a un antico popolo nomade che si era insediato nella valle dell’indo. Questo popolo impose la sua filosofia e la sua religione, chiamata Vedismo, nata dalla fusione di precedenti conoscenze e saperi.
I testi sacri dei Veda sono una serie di libri che hanno come elemento centrale l’idea dell’esistenza di una legge cosmica universale, sorvegliata dalla divinità. Concetti che sono alla base dell’Induismo.
In questi testi si fa riferimento anche alla meditazione. Nei libri chiamati Upanisad (che ci sono giunti sotto forma di scritti elaborati tra l’800 e il 500 a.C.) si parla anche della tecnica con la quale praticare la meditazione: lo Yoga (una disciplina basata su posizioni del corpo, movimenti e tecniche di respirazione, che hanno lo scopo di portare una concentrazione a livelli sempre maggiori).
Nei Veda troviamo le basi di tutte le successive pratiche meditative.
Il Buddismo, riprese dai Veda la meditazione, perfezionò e sviluppo la pratica diffondendola poi in tutto l’Oriente.
Il Buddismo ne cambia il metodo anche se la finalità è simile: rimediare alla sofferenza grazie ad una maggiore consapevolezza di se stessi fino ad arrivare a percepire un principio cosmico universale e la compassione verso ogni essere. Le pratiche e le forme della meditazione differiscono a secondo dei tipi di buddismo. La sua impostazione infatti cambiò col tempo e secondo le aree di diffusione.
La meditazione buddista definita Vipassana, o “visione chiara, attenzione consapevole”, è oggi la più diffusa.
Un’altra tra le tecniche più conosciute è la tecnica Zen ovvero del Buddismo giapponese, ma nata in india e trasmessa poi dai vari maestri e dai loro discepoli in Giappone, Cina e infine occidente.
Lo Zen ha una concezione particolare dell’insegnamento delle sue basi filosofiche. Non si può tramettere a parole o con il ragionamento, ma il passaggio avviene da maestro ad allievo tramite l’illuminazione. La tecnica di meditazione si chiama Za-zen, cioè “meditazione da seduti”, stando seduta meditare si indeboliscono le false certezze sul mondo materiale, che rappresentano le basi della sofferenza.
Vari secoli prima di Cristo anche i taoisti praticavano la meditazione. Il “TaoTe Ching” il libro fondamentale del Tao, attribuito a Lao Tze, vissuto nel VI secolo a.C., ne espone i concetti anche se le basi di tali concetti qua esposti risalgono a secoli prima.
La meditazione taoista si basa sul principio del non intervento, sull’osservare se stessi e ciò che ci circonda senza compiere alcuna azione (wu wei, non agire), contemplando lo scorrere naturale degli eventi. Il corso spontaneo delle cose è considerato la manifestazione di energie che ordinano l’intero universo e quindi la crescita di ogni uomo. Lo scopo della meditazione è quello di calmare il corpo e la mente, unificare la materia con lo spirito, far scorrere nell’organismo l’energia universale che dà vita e tutte le creature.
La meditazione arriva nel mondo occidentale
I pensatori greci e romani ebbero qualche notizia delle idee religiose e filosofiche collegate alla meditazione attraverso i contatti, militari e commerciai, con l’Oriente; tuttavia non approfondiscono questa pratica.
Invece le religioni monoteiste: Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo, assimilarono e svilupparono per conto proprio pratiche di questo genere.
La differenza fondamentale è che mentre la meditazione nata in India si propone lo scopo di favorire un contatto più profondo con se stessi, le religioni monoteiste lo usano come strumento per mettersi in contatto con Dio. Diventa quindi una sorta di preghiera contemplativa, che punta all’ascesi spirituale e anche all’estasi mistica, attraverso una sorta di abbandono, ottenuto con la concentrazione su oggetti religiosi: frasi, immagini o pensieri.
Nel cristianesimo i monaci che si isolavano nel deserto o i mistici contemplativi nei conventi praticavano una forma estrema di meditazione. E questa partica viene suggerita a tutti i fedeli come forma di elevazione spirituale.
Nell’Ebraismo i profeti del Vecchio Testamento si isolavano dal mondo, entrando in uno stato di coscienza alterato, attraverso la contemplazione e il digiuno. Anche i meditatori dell’Ebraismo si servono delle parole come strumento di ascesi, dal momento che Dio stesso creò il mondo nominandolo.
Nell’Islam i sufi, antecedenti allo stesso Maometto, praticano una forma di meditazione. Per il mistico musulmano meditare è affidarsi a Dio, nominando tutti i suoi nomi, fino allo scomparire dell’anima individuale.
Fino all’Ottocento il concetto di meditazione era praticamente relegato nell’ambito religioso; ma alla fine dell’Ottocento e inizio Novecento, una serie di fenomeni culturali, artistici e filosofici portò alla riscoperta di antiche pratiche orientali e un maggiore interesse verso l’introspezione, come reazione alla crisi del pensiero scientifico. Quindi questa attenzione alle pratiche introspettive fece fiorire gli studi di Freud e Jung, che misero allo scoperto nell’esistenza di ognuno di noi di un mondo interiore ancora inesplorato.
Sempre verso la fine dell’Ottocento emersero varie correnti di pensiero basate sul legame spirituale tra ogni singolo uomo, gi altri uomini e tutta la natura.
A inizio Novecento giunsero negli Stati Uniti saggi indiani e monaci giapponesi, che tennero conferenze e aprirono scuole di meditazione. Si sparsero così i semi è per il “boom” della filosofia orientale che esplose negli anni sessanta, contagiando tutto il mondo.
Negli ultimi decenni le tecniche di meditazione di origine orientale sono state utilizzate anche in ambito medico, e ospedaliero, nei protocolli per combattere stati ansiosi e stress. Questa pratica che ha origine da tecniche buddiste, ha preso il nome di “Mindfulness” ed è stata messa a punto da Jon Kabat-Zinn, un biologo molecolare che nel 1979, fondò la prima clinica basata sulla “Coltivazione della consapevolezza, presso la Medical School dell’università del Massachusetts. La finalità di questo approccio medico alla meditazione consiste nello spezzare il circolo vizioso del “rimuginare” della mente, che aumenta la tensione nervosa e debilita l’organismo, favorendo anche le malattie. Quindi educare alla consapevolezza e abituare la mente a rimanere qui, nel presente.