Non esiste un unico modo per dire cosa significhi meditare.
Molti concordano nel dire che è un prezioso strumento di crescita e di benessere.
Non si può parlare di un’unica forma di meditazione, ma di tanti tipi di pratica meditativa; alla base di ciascuna c’è una propria filosofia, una religione o una teoria, anche scientifica.
Ma certamente le radici indiane di questa disciplina hanno attecchito in tutto il mondo e hanno prodotto ramificazioni diverse, a seconda dei luoghi in cui sono state impiantate. Persino le forme più recenti di meditazione hanno quasi sempre origine da antichi insegnamenti.
Ma cosa accomuna tutte queste forme di meditazione?
Alla base di ogni forma di meditazione c’è un atteggiamento comune: cercare dentro di se stessi la quiete, la consapevolezza, la saggezza che ci possono aiutare a vivere meglio il presente risolvendo i nostri disagi.
Per fare chiarezza ne parleremo nei prossimi articoli in modo più approfondito affrontando le diverse forme di meditazione:
- Meditazione nel Buddismo: Metta e Vipassana
- La pratica Zen: lo zazen
- Meditazione nel Taoismo
- Tecniche Yoga di meditazione
- Meditazione camminata
- Meditazione trascendentale
- Tecniche moderne di meditazione
- Meditazione dinamica: Osho
- Meditazione nell’osservazione d dei mandala
- Ho’Oponopono
- “Io sono”
Come orientarsi nella scelta?
Tra tutte queste forme di meditazione potrebbe sembrare difficile fare una scelta. Il metro comunque di valutazione però è semplice: la meditazione “migliore” è quella che funziona meglio per me, in questa fase di vita.
“L’atteggiamento essenziale per una corretta meditazione è quello di mettersi in ascolto” (Swami Kriyananda)
Poi per quanto riguarda la tecnica per iniziare a meditare possiamo dire che esistono due tipi fondamentali di pratica:
- Quella che si basa sull’osservazione di un elemento esterno a sé. In questa l’attenzione si focalizza su un mantra, sulla visualizzazione, su un oggetto o immagine.
- Quella che si concentra invece su se stessi, sulle proprie percezioni e sensazioni. In quest’altra il meditante si concentra su quello che sente e prova dentro di sé, senza giudicare e senza fare scelte: pensieri e sentimenti, ricordi, percezioni dei sensi; diventando consapevole di tutto ciò che prova, momento per momento, ma non si “attacca” a niente, lo lascia scorrere.
Alla fine le due tecniche arrivano ad un unico risultato, che è poi lo scopo della meditazione: “educare” la mente, in modo che senza sforzo e nel silenzio interiore gli strati più profondi della nostra coscienza possano venire a galla liberamente.
La scelta della tecnica di meditazione non è di per sé molto importante, l’importante è “mettersi a meditare”.
Ciascuno troverà il mezzo e la strada più adatta a sé, che gli risulterà più facile da praticare e che lo farà stare meglio.
In ogni caso qualsiasi tecnica si si scelga ci si accorgerà che man mano sarà più facile cadere nello stato di osservazione consapevole di sé.
Dopo il primo periodo di pratica, in cui può risultare difficile meditare, col tempo basta assumere la posizione meditativa per far scaturire quasi automaticamente il processo che ci fa entrare dentro di noi.
” Meditare è guardare in profondità nel cuore delle cose”
(thich Nhat Hanh)